Il Pozzo del Merro è una profonda voragine che si apre nelle rocce calcaree all’interno della Riserva Naturale di Macchia di Gattaceca, ad una altitudine di circa 130 metri, sulle pendici meridionali di Monti Cornicolani, a 30 Km da Roma, nel territorio del Comune di S. Angelo Romano. La sua esistenza era nota sin dal passato presso la popolazione locale ed una prima descrizione della voragine risale al 1890, inserita in un itinerario turistico nella campagna romana. L’interesse scientifico verso il Merro ha inizio con i rilievi del prof. A. G. Segre nel 1948. Le ricerche idrologiche ed idrogeologiche sono continuate nel 1970, condotte con la collaborazione di tesisti e studenti dei corsi di laurea in Scienze geologiche e in Scienze naturali dell’Università “La Sapienza”, per tentare di ricostruire il processo evolutivo che ha dato origine e che ha determinato lo sviluppo della voragine così come ci appare oggi.
Tali fenomeni si riconoscono frequentemente nel territorio dei Monti Cornicolani, ma anche nella piana di Guidonia e di Tivoli. Ad esempio nella campagna di Marcellina recentemente (gennaio 2001) si è formata una profonda voragine, senza nessun segnale premonitore. La cavità del Merro in superficie si presenta come una apertura subcircolare di circa 100 metri di diametro. A circa 80 metri dall’orlo della voragine, alla base di scoscese pareti in rocce calcaree che a tratti raggiungono la verticalità, è ospitato un lago con contorno circolare di circa 30 metri di diametro e con una temperatura costante di 16°C.
Nel 1975 sono iniziate le indagine volte a stabilire la profondità della voragine. Fruttuose sinergie scaturite dall’intesa tra ricercatori, tecnici della protezione civile e l’impiego di sofisticati strumenti robotici ( R.O.V. – Remote Opereted Vehicle ) in dotazione ai Vigili del Fuoco, hanno consentito di estendere l’esplorazione subacquea della voragine a profondità crescenti. L’ultima esplorazione del R.O.V. , nel marzo del 2002, è risultata particolarmente importante perché ha permesso di raggiungere la profondità di 392 mt., senza tuttavia individuare con certezza il fondo della voragine. Allo stato attuale delle conoscenze, pertanto, il Pozzo del Merro risulta la cavità carsica allagata più profonda al mondo.
Le indagini idrologiche ed idrogeologiche sul Merro e, più in generale, nell’area cornicolana e nella Piana di Tivoli-Guidonia sono ancora in corso di svolgimento.I dati sinora acquisiti indicano che la formazione del Pozzo del Merro (come del resto di altre cavità piccole e grandi presenti anche nella Piana di Tivoli) sia controllata da faglie attive ed accelerata nello sviluppo dall’attività idrotermale. Il processo idrotermale manifesta la sua grandiosità soprattutto nella Piana di Tivoli dove numerose sorgenti carsiche sparse nell’area pianeggiante di Bagni, presso Tivoli, erogano spontaneamente una rilevante portata di acque molto ricche in sali minerali (soprattutto calcio e solfati ), in gas ( CO2, H2S etc.) e con valori di temperatura di 22-23°C. In particolari condizioni geologiche, il flusso di calore e di gas si canalizzano nel reticolo di grandi fratture e di faglie “attive”, secondo un processo di erosione chimica inversa, dissecando le masse rocciose da zone di considerevole profondità sino alla superficie. Il Pozzo del Merro, secondo questa ricostruzione rappresenta una finestra sulla falda carsica regionale le cui acque transitano lentamente verso sud, dove si trovano le grandi sorgenti di Bagni di Tivoli e, in subalveo, del Fiume Aniene.
Il Servizio Aree protette, tutela della flora e della biodiversità della Città metropolitana ha avviato a ottobre 2008 una proficua collaborazione con l’Ufficio Idrografico e Mareografico, Dip. Ambiente, Territorio e Cooperazione tra i Popoli, della Regione Lazio per il monitoraggio delle acque sotterranee del Pozzo del Merro. Negli ultimi anni, infatti, si è riscontrato un drastico abbassamento del livello dell’acqua all’interno del Pozzo, compromettendo il delicato habitat esistente. Per valutare le cause di tali cambiamenti e poterle correlare ai fenomeni similari verificatisi nei territori limitrofi di Guidonia e Bagni di Tivoli, è stato installato un piezometro per la misurazione in continuo, con cadenza di 6 ore, della temperatura e del livello dell’acqua. Le misurazioni vengono inviate all’Ufficio Idrografico e Mareografico Regionale che provvede alla validazione, archiviazione in banca dati e pubblicazione degli stessi negli annali idrologici. In tal modo la stazione piezometrica del Merro entra a far parte della rete di monitoraggio delle acque sotterranee attivato su tutto il territorio regionale e si aggiunge alle attività di tutela del patrimonio ambientale, nella sua valenza sia geologica che biologica, che il Servizio Aree protette porta avanti da numerosi anni.
L’interesse scientifico del Merro non si limita però all’aspetto idrogeologico. Anche la componente vivente della voragine riserva infatti delle esclusività. L’interno della voragine è popolato, infatti, da una rigogliosa vegetazione che ricorda quella delle regioni subtropicali grazie a condizioni climatiche “locali” particolarmente favorevoli, soprattutto per l’elevata umidità del sito e per la temperatura dell’aria più alta della media di quella regione. Tali condizioni consentono la presenza di ben sette specie di felci. Le pareti della cavità sono rivestite da una rigogliosa vegetazione sempreverde dominata dal leccio (Quercus ilex). Nello strato arboreo sono inoltre presenti carpini, aceri e frassini. Nello strato arbustivo si può osservare lo storace (Stirax officinalis), specie protetta nel Lazio e l’alloro (Laurus nobilis) e in prossimità della voragine rigogliosi esemplari di fico, sambuco e alcune orchidee spontanee.
La superficie della voragine negli ultimi anni è stata ricoperta da una felce infestante, la Salvinia molesta, di origine brasiliana, sconosciuta in Europa ad eccezione di alcune stazioni in Italia. Dopo la sua comparsa nel Merro nell’estate del 2003, questa felce ha rapidamente invaso lo specchio d’acqua sostituendosi all’originale tappeto della lenticchia d’acqua (Lemna minor). La presenza della Salvinia ha destato notevoli preoccupazioni per l’ecosistema del pozzo, considerati i forti squilibri che tale specie ha provocato ovunque sia giunta. L’origine della sua presenza nel Merro è molto probabilmente umana, poiché nelle recenti esplorazioni del pozzo condotte dai ricercatori dell’Università di Torvergata è stata rinvenuta una tartaruga americana (genere Trachemys), che verosimilmente è stata liberata nelle acque della voragine insieme al contenuto dell’acquario che la ospitava, causando l’immissione di questa pianta invasiva non autoctona.
Il Servizio Aree protette, nell’intento di ripristinare l’habitat originario, nel marzo del 2009 ha organizzato l’asportazione della felce esotica attuando un intervento di bonifica ambientale unico in Italia sia per l’esclusività del sito che per la tipologia di pianta infestante. Le operazioni si sono svolte con l’ausilio del Nucleo Sommozzatori dei Vigili del Fuoco di Roma.
Anche sotto l’aspetto faunistico il Pozzo del Merro è peculiare. Le acque della cavità, infatti, ospitano diverse specie protette del Lazio (L.R. 18/88) come il tritone punteggiato (Lissotriton vulgaris), il tritone crestato italiano (Triturus carnifex) e la rana appenninica (Rana italica). Inoltre, recentemente (2005) è stata descritta con il nome di Niphargus cornicolanus una nuova specie di crostaceo rinvenuta nella voragine e, pertanto, specie endemica di questo eccezionale sito.